martedì 12 marzo 2013



Se vi state chiedendo che cos'è, ve lo spiego subito: questo è un contagiorni.
Da un paio di settimane faccio da baby-sitter ad A., un bellissimo bambino di 6 anni ed il mio incarico
è principalmente quello di aiutarlo a fare i compiti di scuola. 
Ogni volta che finiamo e ci salutiamo, lui mi chiede: "Domani vieni?" e, visto che non vado da lui ogni giorno, devo fargli contare quanti giorni mancano al nostro prossimo incontro. Come molti altri bambini di quell'età anche A. non conosce i giorni della settimana e non sa la successione, così oggi ho pensato di regalargli un contagiorni.
Su un cartoncino ho colorato ogni giorno di una tinta diversa e ho scritto il nome, poi ho fatto due buchini alle estremità per far passare il filo, in modo che il bimbo possa appenderlo dove vuole. Infine ho disegnato e ritagliato un pulcino (sembra una papera, lo so) che ho incollato ad una molletta per panni. 
Da domani A. potrà spostare il pulcino sul giorno corrente e sarà un modo per imparare la settimana.

Il pulcino non è stato un caso, infatti mi sono ispirata ad una filastrocca che si usa alla scuola dell'infanzia e che si chiama "La settimana del pulcino".


Lunedì chiusin chiusino,
                                                            Martedì bucò l’ovino,
sgusciò fuori Mercoledì,
“Pio, pio, pio” fe’ Giovedì,
Venerdì fu un bel pulcino.
Beccò Sabato un granino.
La Domenica mattina
                                                          aveva già la sua crestina.













venerdì 8 marzo 2013

Donne non si nasce

"Donne non si nasce ma si diventa" è una celebre affermazione di Simone di Beauvoir e giusto questa mattina mi è stata ricordata durante un seminario che aveva come argomento il lavoro di questa grande filosofa e scrittrice del secolo scorso.
Perchè decido di scrivere il giorno della festa della donna e parlare di donne? Banale, direte voi. Sì, lo è.
Siamo in un'epoca in cui ogni giorno parliamo di un sacco di cose, spesso inutili o che hanno il solo scopo di far focalizzare l'attenzione su un certo personaggio per renderlo noto piuttosto che un altro.
Parliamo di fatti, persone in maniera superficiale, io per prima, e la cosa mi rammarica.

Io mi inserisco in un contesto comune a molte altre femmine dei nostri tempi (chiamarmi donna mi fa un certo effetto, evito): cerco lavoro, sono disoccupata, mi arrangio. Per un certo periodo si può fare, soprattutto dopo tanto tempo passato a studiare, dare esami, sacrificarsi in vista del giorno in cui sarai libera di fare ciò che vuoi e di essere quello che vuoi. All'inizio sei carica, sai cosa vuoi e cominci a cercare lavoro, sicura di te. Speranza, novità, proposte. Poi cominciano i rifiuti, le porte in faccia, le mille e-mail senza risposta ed i curriculum apprezzati ma ritenuti non idonei. Il tempo passa, riparti daccapo: cambi obiettivo, cerchi altrove, fai altri tentativi e inizi a disperdere energie in un sacco di cose diverse nella speranza che almeno una duri nel tempo: un giorno decidi di lavorare ad un progetto editoriale ma poi pensi che studiare linguaggio di progettazione sarebbe utile e abbandoni; un altro giorno dipingi con la prospettiva di esporre ma poi guardi quella "merda" appesa al muro (cito il mio prof di pittura che chiamava merde le cose che non gli piacevano) e pensi che al massimo potresti andare a farci le pulizie in una galleria! Vai avanti così, aggrappandoti a tutte le competenze che hai; tiri fuori tutto e se non puoi far valere la tua laurea, allora usi il diploma del liceo linguistico che ti permette di fare almeno la cameriera.
Funziona così. I giorni diventano tutti uguali, l'unica cosa che cambia di continuo è il tuo umore: un giorno sei tranquilla, il giorno dopo non sai se valga la pena alzarsi dal letto. Il continuo saliscendi di emozioni ti porta a non capire più chi sei, da dove vieni, dove volevi andare e dove sei finita. Stai perdendo l'identità, diventi piatta e grigia. Ti guardi e vedi una ragazza che si comporta come una casalinga degli anni '50 in cerca di stimoli e di un valido motivo per... Le uniche certezze che ti restano sono gli affetti, le amiche, i genitori, il tuo ragazzo che ti sostiene e ti vuole bene. Inizi a vivere per loro, diventano lo scopo delle tue giornate finchè non ti rendo conto che li stai facendo soffrire perchè invidi il loro successo, il loro lavoro, la loro voglia di fare.
Li odi e stai distruggendo dei legami importanti.

Ecco, a questo punto si ricorre ai rimedi drastici che, se non ti risolvono i problemi, almeno ti aiutano a stare tranquilla e a pensare lucidamente.
Mi sono chiesta come ho fatto a diventare grigia e superficiale, poi mi sono guardata indietro e ricostruendo il percorso degli ultimi tempi, ho capito.
Quello che voglio dire non è necessariamente diretto alle donne perchè sono sicura che ci sono un sacco di maschi alle prese con lo stesso senso di smarrimento, ma le donne sono storicamente più sensibili a questo tema, almeno quelle che ne hanno preso coscienza. Il tema è appunto quello dell'emancipazione, della libertà intesa non come è stato insegnato a noi italiani dal '94 a oggi (fai quello che ti pare, froda, metti di mezzo, pensa solo ai tuoi interessi): la libertà è la possibilità che un individuo ha di realizzarsi (nel rispetto delle regole), di sentirsi finalmente sè stesso, di poter dire "IO SONO". Questa è libertà: non essere un numero ma essere un individuo con le proprie caratteristiche.
Essere donna è principalmente, a mio avviso, essere un individuo libero e rispettato per la propria diversità, non solo fisica. Chiamarsi individuo è il primo passo per affermare la propria unicità, non rispetto agli uomini ma nei confronti del resto dell'umanità.
Visto che il lavoro è il principale strumento di libertà e vista la disoccupazione dilagante, è logico pensare che il fenomeno di alienazione da sè rischia di aumentare, non solo per le donne. Credo che sia importante cercare la propria identità anche nel quotidiano oppure sarebbe bello promuovere attività anche tra piccoli gruppi che ci spingano a socializzare e a non sentirci sole, che abbiano lo scopo di costruire qualcosa.
Credo che ci sia bisogno di un nuovo tipo di emancipazione o forse solo un'ancora di salvezza per tutte quelle donne che stanno perdendo i propri colori.

L'interrogativo è sempre stato "che cosa vuol dire essere donna?" e sono state scritte migliaia di pagine in proposito, dal 1700 a oggi. Continuiamo a parlarne perchè è importante far capire che per prima cosa essere donna vuol dire non essere considerata un pezzo di carne con due tette o un oggetto. Continuiamo a dirlo perchè non è ancora chiaro il concetto per molti. Ma appurato che, fortunatamente, un buona parte della popolazione condivide l'idea che essere donna è essere una PERSONA rispettata, il mio intento era andare oltre al concetto di DONNA riassumendo quali siano le necessità delle donne nel 2013 o, se non per tutte, almeno per me.
Oggi esistono femmine, mezze donne, aspiranti donne (la sottoscritta) ma credo che la vera necessità sia sentirsi individui unici, speciali, ognuno con la propria identità.